MARIO CARRIERI Fotografo Maestro e Amico

Dopo circa quaranta anni riprendo in mano un libro autografato dal maestro Mario Carrieri : Milano Italia.  Ebbi la fortuna e l’ occasione di lavorare con lui a Correggio intorno al 1975 quando arrivò in città per fotografare il Palazzo dei Principi.  Provai silenziosamente a fare l’ assistente  ed afferrare lo spirito di un fotografo che sapeva insegnare a modo suo…. Più con le opere che non con le parole.

Lo seguii in seguito a Milano in via Spallanzani  nello studio che era stato di Ugo Mulas e che trasudava arte  ovunque. 
Fui presente nel suo studio alla stampa delle fotografie di arte nera ormai famose per il “masochismo della perfezione” che lo vedeva all’ opera con due Hasselblad in pellicola con scatti rigorosamente in bianco e nero e con tecniche di sviluppo differenziate.

Altri tempi come si dice….indelebili per la formazione di un futuro fotografo.

In un incontro, in modo estremamente semplice, mi fece un regalo con dedica : il libro MIlano Italia.  L’ ho sempre conservato con estrema cura con allegata una profondità di comunicazione imbarazzante, tanto che lo sfoglio raramente, spesso con amici.  Ho ancora l’ eco delle parole di Mario: “non scatterò mai più foto come queste….”

Mi piace rivedere la notizia di una mostra legata alla luce e alle trasparenze dei fiori …. perchè ricordo che mi diceva, sempre 40 anni orsono, che ne voleva fare una sulle foglie. 

 L’ aspetto con ansia, Ciao Mario.


Da un ’ intevista rilasciata a Luca Melchionna   Vedi qui 

 Un dialogo con Mario Carrieri

Fino al 4 novembre 2018 in mostra con “Amata Bellezza. Fiori e Visioni a Villa Carlotta” Vedi qui 

Mario Carrieri, fotografo

Com’è nato il tuo interesse per la fotografia?

Da giovane non avevo nessuna passione per la fotografia. Mio padre Raffaele, che era il critico d’arte della rivista “Epoca”, mi trovò un lavoro nell’archivio fotografico del giornale. Cataloga­vo migliaia di negativi e odiavo i fotografi! Per evadere dall’archivio iniziai a fare il fotoreporter per la rivista, passando poi a fare l’operatore e il regista di cortometraggi, molti pubblicitari, per Carosello. Smisi di lavorare nel cinema per dedicarmi alle fotografie di Milano, Italia, libro che uscì nel 1959. Da allora il mio rapporto con la fotografia non si è più interrotto.

Il rapporto con tuo padre, Raffaele, poeta e critico d’arte legato a molti degli artisti e dei letterati più importanti del Novecento, quanto ha influito sulle tue scelte?

Sono nato sotto un Modigliani e mia madre invece che con il latte mi allattava con l’arte. Mio padre era amico di Picasso e di molti artisti stranieri e italiani… Campigli, de Chirico e tanti altri. Per non parlare dei poeti che frequentavano casa nostra, in particolare Quasimodo e Ungaretti.

Agli inizi della tua carriera hai lavorato in campo cinematografico, producendo vari corto­metraggi. Cosa resta di questa esperienza negli scatti di Amata bellezza?

L’eredità più importante del mio lavoro come regista emerge nell’illuminazione delle mie ope­re. Uso proiettori cinematografici, più intensi e drammatici, non mi interessa la luce morbida dei fotografi.

Quali artisti senti più vicini alla tua sensibilità?

Appartengo alla tragica categoria dei visionari, di cui facevano parte El Greco e Caravaggio, artisti in cui tutto precipita ed è espressione del dramma esistenziale. Tra i pittori del Novecen­to per me sono fondamentali Francis Bacon e gli espressionisti astratti americani, specialmen­te Willem de Kooning.

Cosa ti ha spinto a concentrarti sui fiori?

Non mi sono concentrato solo sui fiori. Di per sé non mi interessano i fiori come “soggetti” solamente naturalistici o estetici. Mi affascina invece fotografarli come “creature” in cui l’estre­ma bellezza s’infrange nella loro stessa fatale caducità. Svelare ed esprimere così una sorta di pathos universale, come se i fiori fossero gli attori di una immaginaria tragedia.




Arte Nera e storia di una passione

Molti anni fa  intorno al 1974 ebbi l’ opportunità di assistere il grande fotografo Mario Carrieri in una serie di fotografie su sculture d’ arte nera. Eravamo all’ estero e fu un’ esperienza fortissima che ricordo come fosse oggi. Il fascino del connubbio non mi ha più abbandonato, tanto che da un amico collezionista ho avuto il suggerimento, subito accolto, di raccogliere pezzi d’ arte africana. Essenziali e per me significativi. Non potevo che rifotografarli… Qui uno scatto con Hasselblad a mano libera ;) . www.marcoravennaphoto.com

Lo scatto che puoi vedere ingrandito qui , è stato realizzato in luce naturale con Hasselblad H3D che non regge molto bene gli alti ISO.  In questo caso  1600 ISO hanno creato nelle ombre un rumore che a me non infastidisce.

Esistono molti mezzi di attenuarlo ma ho preferito invece supportare l’ immagine con Silver FX pro e postprodurre poco in Photoshop. 

Ho voluto azzardare con scatto a mano libera a 1/45 di sec con obiettivo Hasselbald Zoom 50-110 che pesa una tonnellata. 

La sfocatura però mi sembra eccellente e i toni sono realmente quelli dell’ originale.  Bella storia


Il grande formato in digitale

Un pensiero da fotografo d’ arte l’ ho sempre rivolto alla fotografia digitale di alto livello. Non intendo la nitidezza che si raggiunge ormai con fotocamere di medio livello, intendo invece alludere al “sapore” al “mood” che rende una fotografia osservata da occhi attenti e allenati.

Nella mia espereinza dall’ inizio di questo secolo con il digitale mii sono sempre rivolto ad attrezzature che al minimo erano di pieno formato (full frame) per lavorare poi da subito con dorsi  Hasselblad , che al tempo facevano fino a 16 scatti,  e ottenere sempre passaggi tonali ampi e gradevoli. 

Credo che il problema nelle immagini che realizzo sia proprio sui passaggi di tono che troppo spesso con le fotocamere con sensore CMOS risultano troppo scolpiti e “elettronici” .

Ora, a metà del 2018 sono uscite molte fotocamere di medio formato in cui questo problema (anche di marketing) è stato superato, tuttavia credo che per me una Hasselblad di qualche anno fa possa andare più che bene. Sensore CCD e grandi obiettivi ovviamente.

Ho realizzato queste fotografie nell’ acetaia della tenuta Cavazzone  nel comune di Viano di Reggio Emilia. 

Qui ho riscoperto l’ atmosfera di toni pacati, seduttivi e di penombra, tipici di una visione lenta che porta a una sosta sull’ ambiente e sulle luci che modellano delicatamente le forme.

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